Ottima scelta di xQS istituto di cultura politica per la QUESTIONE SICILIANA, quella di ospitare Ignazina SCANDARIATO per la presentazione del suo libro "il mio novecento", nell'ambito dell'organizzazione del primo evento culturale giovedì 21 aprile 2011 nella biblioteca multimediale di Castellammare del Golfo.
L'alto profilo culturale degli ospiti: Dott. Giancarlo ALAGNA esperto di politiche sostenibili per il territorio (presidente dell'associazione culturale Sicilia-Catalunya), Prof. Fabio CANNIZZARO noto studioso fra i migliori analisti della "Questione Siciliana" (direttore di xQS institute), Prof. Corrado MIRTO medievalista (docente dell'Università degli Studi di Palermo), la compostezza dell'autrice e la professionalità degli organizzatori , hanno regalato ai convenuti un evento culturale moderno nel significato più compiuto del termine, ricco di spunti per una riflessione più profonda sul "secolo breve", con analisi di prospettiva su possibili scenari futuri, senza rinunciare ai valori umani e alle tremende lezioni di vita che ci giungono dal passato come il sacrificio della piccola Angela ROMANO, citata più volte dal Prof. MIRTO creando qualche momento di commozione dolce fino alle lacrime.
La Dott.ssa Marilena BARBARA assessore comunale con delega per l'urbanistica e l'ambiente ha tenuto a informare la platea che la commissione per la toponomastica ha preso in considerazione l'idea di dedicare una via o una piazza ad Angela Romano e alle vittime del massacro del 3 gennaio 1862, fucilate per ordine del generale dell'esercito italiano Pietro Quintino.Noi indipendentisti trapanesi del Fronte Nazionale Siciliano Sicilia Indipendente-FNS/Frunti Naziunali Sicilianu Sicilia Indipinnenti-FNS esprimiamo il nostro apprezzamento per le buone intenzioni
dell'amministrazione e aspettiamo di vedere presto i fatti.Nell'augurare Buona Pasqua a tutte le siciliane e i siciliani in patria come nella diaspora desideriamo riportare la ballata popolare tratta dal libro di Nino AQUILA "Dittici ed altro", Editrice Thule 2004, per il TRE DI GENNARO DEL MILLEOTTOCENTOSESSANTADUE
Tri, tri, tri,
setti fimmini e un tarì;
un tarì è troppu pocu
setti fimmini e un varcocu.
Angela Romano cantava, per la strada,
dove con della calce aveva disegnato
la torre per giocare al campanaro.
Tri, tri, tri,
'u varcocu è troppu duci,
setti fimmini e 'na nuci,
La nuci avi lu pizzu setti fimmini e un marvizzu.
I ragazzini erano in attesa;
uno alla volta presero a saltare
su un piede o su di entrambi in alternanza
per giungere senza errori al campanaro.
E 'u marvizzu avi l'ali
setti fimmini e un canali.
E 'u canali, jetta l'acqua
setti fimmini e 'na vacca.
La ragazzina era la più lesta
e del gruppetto teneva la testa
giungendo sempre prima sulla vetta
della torre e cantando la strofetta.
Tri, tri, tri,
e la vacca avi li corna,
setti fimmini e 'na donna.
Giunse la madre nelle vesti nere
e con sotto lo scialle un bel paniere.
Figlia - le disse - lascia di giocare.
E' mezzogiorno e te ne devi andare;
è mezzogiorno e sai chi ti aspetta.
Portagli il pane in questa salvietta.
Tri, tri, tri,
e la donna è troppu bedda,
setti fimmini e 'na vastedda
Sotto il castagno, a fianco del mulo,
Quando la vide fece un sorriso
e con la mano accarezzò il suo viso.
Tri, tri, tri,
e 'a vastedda è troppu dura
setti fimmini e 'na mula.
Mentre tornava, saltellando, a casa
vide i soldati, piume sul cappello.
Correvano in campagna col fucile
e per gli spari si sentì atterrire.
Tri, tri, tri,
setti fimmini e 'na mula;
e la mula, jetta cavuci,
setti fimmini e 'na fauci.
Alla porta di casa, da lontano,
vide i soldati con il capitano.
La madre le gridava: Figlia mia
scappa lontano, vattene via!...
E la fauci è tagghienti
setti fimmini e un serpenti.
'U serpenti è vilinusu
setti fimmini e un carusu
Il giovane soldato la raggiunse
e con forza le strinse le braccia.
La barba rossa e gli occhi lucenti,
rideva e le mostrava tutti i denti.
Tri, tri, tri...
Chiusa in una cella senza luce
Angela non volle più cantare,
Sentiva che sua madre ora piangeva
e non sapeva cosa domandare.
Tri, tri, tri...
Tre volte tre sono i miei anni
tre volte tre, signor generale.
Tre volte gli ho portato da mangiare
pane, cipolle ed olive infiorate
allo zio peppe che stava in campagna.
No, non lo so chi sono i briganti,
no, non lo so dove stanno nascosti.
No, non lo so che cosa vuol dire
quella parola omertà che voi dite.
No, la mia mamma non l'ho vista andare
per le campagne di Castellammare.
No, io non voglio tornare rinchiusa,
voglio tornare a giocare e a cantare,
ma prima voglio mangiare ed ho sete.
Tri, tri, tri...
Si, voglio andare in piazza Matrice
voglio tornare a vedere gli amici,
ma è troppo presto, non c'è ancora luce
il sole ancora non si è visto alzare.
Ma perchè mi legate le mani?
Ma perchè gli occhi mi avete bendato?
Figlia, figliuzza per farti giocare
a mosca cieca, ma a mani legate...
Figlia, figliuzza ti vorrei baciare!
Tri, tri, tri...
"Fuoco, fuoco" gridava il tenente
"fate fuoco se no vi sparo addosso!..."
Un urlo si levò su dalla piazza
sino alle guglie della Cattedrale,
sino alle mute campane di bronzo.
Rivoli rossi sopra calce bianca
spengono campanaro ed ogni cosa.
Ma non il nome di chi volle questo:
Pietro Quintino, detto "il piemontese",
il Generale venuto in Sicilia.
Il tre gennaro del sessantadue
portò la morte a Castellammare.